Right or wrong...

Vado a vedere il celebrato film "Farenheit 9/11" di Michael Moore, premiato con la Palma d'Oro a Cannes. Sorprendentemente, la sala NON è piena. Viste le oceaniche manifestazioni pacifiste, non me l'aspettavo.

Interessanti le reazioni del pubblico: quando Moore intervista la madre di uno dei caduti - proveniente da una famiglia povera dove tutti, per necessità, si sono arruolati - e le dice che famiglie come la sua sono la spina dorsale dell'America, in sala molti ridono. Pensano che la stia sfottendo.
Niente affatto. Moore è contro la guerra in Iraq, ma mai, in nessun momento, è contro i soldati che la combattono. Nel suo sito www.michaelmoore.com, anzi, c'è uno spazio su come aiutare i soldati. Stentano a capire, i nostri compatrioti, che per quanto ampie possano essere le divisioni in America, la lealtà e fedeltà al proprio paese lì non è mai in discussione. Moore non è antiamericano.
Ben altra storia da noi. Quando ci furono i funerali per i caduti di Nassirija, Piero Ostellino, sul Corriere della Sera, si sentì in dovere di scrivere un articolo dal titolo "Coraggio, esponiamo il tricolore". Perchè, evidentemente, qui più d'uno si vergogna all'idea di essere patriottico, e perchè l'opposizione al governo, normale e fisiologica in democrazia, diventa troppo facilmente negazione del senso di identità nazionale. Il motto "Right or wrong is my country" non è nel nostro modo di pensare.

La sinistra italiana ha grandi aspettative sulla vittoria di Kerry. Ma è un errore di prospettiva. Pensare che la sua vittoria sarebbe una vittoria dei pacifisti, che l'opposizione a QUESTA guerra sia un rifiuto di ogni guerra, che l'America rinuncerà a perseguire i propri interessi con ogni mezzo, profittando del suo enorme potenziale militare che la rende la più grande potenza del pianeta, è pia illusione.

Ciononostante, anch'io ABB: "Anybody but Bush"...

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