Nessuno tocchi Abele

La nuova legge sulla legittima difesa non è tanto una risposta alla criminalità, quanto a un preciso modo di considerare la criminalità in Italia, che si fonda ideologicamente sull’equivalenza morale tra delinquenti e persone per bene.
Di fronte a un delitto particolarmente efferato, scatta un meccanismo risaputo: un sacerdote in vista che dichiara: “Bisogna capire ed educare, punire non serve”, e la tv dalla lacrimuccia facile che cinge d’assedio le vittime per spiare il loro dolore e servirlo in pasto al pubblico: “Come si sente?” (e chissà come dovrebbero sentirsi); e poi: “Lei perdona gli assassini di suo figlio?”. Prima l’indagine guardona nel dolore privato, poi la richiesta pressante di un bel gesto pubblico. Il sottinteso è che se la vittima non perdona, è assetata di vendetta, non di giustizia, e quindi moralmente riprovevole non meno dei suoi aggressori.
Così, se un gioielliere risponde al fuoco di un bandito, i giornali titoleranno “Milano come il Far West” perché è ovvio che se le nostre città sono insicure è perché pullulano di gioiellieri. Dal momento che nessuno di noi è totalmente innocente, ci si vuol far credere che siamo tutti in egual misura colpevoli, e dunque la pretesa punitiva dello Stato non ha ragion d’essere, o è il cascame di un’epoca barbarica in cui si continua a preferire la punizione alla prevenzione, come se punire il crimine non fosse al tempo stesso anche prevenirlo.
In due referendum il popolo sovrano ha respinto l’idea di abolire il porto d’armi e l’ergastolo. Ma la manovra per ridurre gli spazi di sicurezza del cittadino e metterlo sullo stesso piano del delinquente continua, tutti i giorni, nelle aule dei Tribunali, in nome di una giurisprudenza sempre più permissiva nei confronti del delinquente e assai meno comprensiva nei confronti del cittadino che si difende.
La nuova legge sulla legittima difesa non ha dunque per destinatari i delinquenti, bensì quell’humus di benpensanti, fatto di giornalisti, avvocati, sociologi, sacerdoti e psicologi, che si scatena ogni volta che la vita, la libertà o la proprietà dell’individuo è minacciata, e il cui scopo è espropriare il cittadino della sua legittima richiesta di giustizia e mettere sullo stesso piano delinquente e vittima.


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