Morte del Lupo Cattivo

L’ esecuzione di Saddam Hussein e’ stata unanimemente deplorata dal mondo politico italiano. Guardando la tv italiana dall’estero, sembrerebbe che i fatti del mondo accadano solo per consentire a politici di seconda fila di rilasciare interviste al TG1, e ai giornalisti di questo ripetere la solita litania di espressioni di "deplorazione, esecrazione, sdegno" ... e questo e’ l’aspetto tragicomico della faccenda.

Le critiche confondono due piani che invece dovrebbero stare ben separati: quello della giustezza etica, e quindi della liceità della pena di morte, e quello dell’opportunità’ politica dell’esecuzione, che, si dice, potrebbe portare a nuove violenze e discordie. Ora, e’ facile osservare che in un atto di giustizia considerazioni politiche non dovrebbero entrare: ed infatti, le critiche italiane ed europee partono da un indimostrato assoluto etico, che respinge la pena di morte in ogni caso, in quanto ingiusta in se. Invece, il processo a Saddam e’ stato, e non poteva essere altrimenti, un processo politico. Perchè la giustizia, al contrario di quanto ci piacerebbe credere, si muove sempre in un ambito politico, non resta mai confinata a un empireo morale e legale, ma vive nel nostro tempo e nella nostra realtà.

Di conseguenza l’esecuzione di Saddam e’, finora, l’unica pagina positiva di questa lunga e probabilmente inutile guerra. Consente di lavare nel sangue un periodo di orrori, e costituisce un monito terribile per tutti i dittatori della regione e non solo. Cos'è meglio? Un Saddam morto impiccato, o un Pinochet morto pensionato e celebrato come un padre della patria, o uno Slobodan Milosevic morto di noia nelle more di un processo interminabile?

Se si vogliono processare efficacemente i dittatori, bisogna arrendersi all’evidenza che la cavillosità di un processo normale, e il formalismo giuridico, nei casi di genocidio, si rivolgono sempre a vantaggio dell’accusato. Il processo a Saddam e ai suoi accoliti e’ il primo da molto tempo per crimini umanitari che giunge a una sentenza e ad una conclusione in tempi ragionevolmente brevi.

Capisco che questo sia estraneo alla moderna "cultura" giuridica europea e soprattutto italiana: dove il sogno segreto ed inconfessabile di ogni pubblico accusatore e’ di avere un imputato permanente, quello di ogni avvocato avere inesauribili rimedi e occasioni di ricorso, e quello di ogni giornalista di giudiziaria, qualcosa da scrivere ogni giorno.

Ma la lezione tremenda di oggi e’ che il sangue chiama sangue. Possiamo averlo dimenticato noi, non lo hanno dimenticato quanti hanno vissuto per anni nel terrore.
Che potranno così, con un capro espiatorio di indubbia bruttura morale, dimenticare le proprie responsabilità. La morte del lupo cattivo non rende le pecore meno vili, solo più baldanzose.
Ne dovremmo sapere qualcosa noi italiani, pronti a svillaneggiare il cadavere di un dittatore fucilato senza nemmeno la formalità del processo, nella stessa città che poche settimane prima lo aveva osannato...

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