Amami, Alfredo

La Traviata è un’opera insospettabilmente ardua, un croccante ottocentesco che facilmente degenera nel feuilleton lagrimoso e straziante. Una sfida per giganti: ne ricordo una indimenticabile interpretazione di Riccardo Muti alla Scala, con Tiziana Fabbricini nel ruolo di Violetta.

Così è valsa la pena di andare all’Opera di Roma per vederne la nuova edizione per la regia di Zeffirelli e la direzione di Gelemtti. La prima è stata criticata dai soliti soloni, ma essa è discreta nel sottolineare i protagonisti e al tempo stesso impegnativa per l’occhio, quando serve.
Gianluigi Gelmetti è stato un direttore eccellente e senza sbavature, con un gesto autorevole e preciso. Interessante l’apparizione, nell’orchestra, di un cimbasso, strumento verdiano e belliniano dal suono caldo e brillante.
Ma soprattutto merita la compagnia di canto fatta di giovani artisti di eccellente qualità: la convincente soprano greco Myrto Papatanasiou, una bella voce, agile e sicura; il baritono Dario Solari, che ha sostituito Renato Bruson senza farlo rimpiangere; ottimo il tenore Marius Brenciu, nella parte di Alfredo. Oltre che bravi cantanti, finalmente bravi attori, capaci di sottolineare con ampia presenza scenica lo svolgersi della trama, dando vita, davanti al pubblico, ad una moderna, drammatica e commovente storia d’amore.

Dopo anni nel palco al primo ordine, per la prima volta siamo passati alla barcaccia di platea, proprio sopra il golfo mistico: divertente vedere l’opera di lato.

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