Dalla padella alla brace

L’attuale legge elettorale (così come risultante dalle modifiche introdotte dalla legge n. 270 del 2005) è un’assoluta schifezza. Ha prodotto un governo che, con la stessa base di consenso, è esageratamente forte alla Camera, e troppo precario al Senato. Ha spezzato il rapporto tra territorio ed eletti. Attraverso il meccanismo delle pluricandidature ha fatto sì che 1/3 dell’attuale parlamento non sia stato eletto il giorno stesso del voto, ma sia il risultato delle opzioni fatte successivamente da coloro che sono stati eletti in più collegi; questi, e non gli elettori, sono stati arbitri di decidere chi far entrare in parlamento e chi no, e quindi, della composizione finale delle Camere.
Questo orrendo sistema su liste bloccate decise dalle segreterie ci ha consegnato un Parlamento assai più “nominato” che “eletto”. Si tratta di un passo indietro per la nostra democrazia, suscettibile solo di creare disaffezione tra i cittadini.

L’annunciato referendum elettorale, spiegato con esemplare chiarezza nel sito del comitato promotore, risolverà questi problemi? Temo proprio di no.
Il terzo quesito ha almeno il merito di eliminare il meccanismo delle candidature plurime.
I primi due quesiti chiedono l’abrogazione della disciplina sul collegamento tra liste per la formazione di coalizioni che concorrano alla conquista del premio di maggioranza. Conseguentemente, il premio di maggioranza verrebbe attribuito solo alla lista singola (e non più alla coalizione di liste) che abbia ottenuto il maggior numero di seggi. Il risultato che i promotori si attendono è spingere le attuali, rissose coalizioni a formare due grandi partiti omogenei che competano tra di loro.
Questo è uno scenario possibile, ma ce n’è un altro altrettanto possibile e spaventoso: che i due partiti non si formino, e che la lista di maggioranza relativa acquisti la maggioranza assoluta. Il prodotto del referendum, sia pure animato dalle migliori intenzioni, assomiglia drammaticamente a quella Legge Acerbo che spianò la strada al fascismo.

E se anche si formassero due grandi partiti in vista delle elezioni, chi dice che essi rimarrebbero insieme dopo? Molti partiti si formano in parlamento prima ancora che nel paese, e i meccanismi che incoraggiano la frammentazione non vengono minimamente toccati.
Inoltre, mentre non è affatto detto che il referendum raggiungerebbe gli scopi prefissati, ed anzi potrebbe produrne altri di imprevisti ed indesiderati, esso non risolverebbe i problemi prodotti da questa legge, in particolare quello del completo, e alla lunga, pernicioso, sganciamento della politica dal territorio.

Questa è, e rimarrebbe anche dopo il referendum, una pessima legge, che dovrebbe solo essere tolta di mezzo. Meglio avrebbero fatto i referendari a proporre un referendum abrogativo secco della legge n. 270 del 2005, cosa che ci avrebbe riportato automaticamente al vecchio sistema elettorale maggioritario con collegi uninominali prodotto dai referendum Segni.

Dunque, se si arriverà al referendum io voterò NO ai primi due quesiti.

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