Cose da pazzi

Il governo approva all'unanimità il disegno di legge sulla riforma del mercato dell'editoria, ed il Ministro Antonio di Pietro confessa sul suo blog di averlo votato senza averlo nemmeno letto perchè era "di routine".
I bloggers italiani alzano compatti gli scudi contro un provvedimento legislativo che ci allinea alla Cina nel tentativo di mettere sotto controllo Internet. Prevede infatti che tutte le testate editoriali, anche quelle online, si iscrivano (e paghino una tassa, ci mancherebbe) ad un nuovo "Registro degli Operatori della Comunicazione" (ROC). Dietro a questo folle progetto c'è Ricardo Franco Levi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed ex giornalista (in tale veste noto solo per aver condotto alle soglie del fallimento il quotidiano "L'Indipendente"). Risibili le sue spiegazioni sul Blog di Beppe Grillo:
"Vogliamo creare le condizioni di un mercato libero, aperto ed organizzato in modo efficiente. Per questo, intendiamo, tra le altre cose, abolire la registrazione presso i Tribunali sino ad oggi obbligatoria per qualsiasi pubblicazione e sostituirla con l’unica e piu’ semplice registrazione preso il Registro degli Operatori della Comunicazione (Roc) tenuto dall’Autorita’ Garante per le Comunicazioni (AgCom)."

Io non ho parole. Un ministro definisce liberticida una legge che ha votato lui stesso? Minaccia di togliere l'appoggio al governo se sarà approvata dal Parlamento? Cosa ci sta a fare Di Pietro al Governo? E cosa vuol dire che un provvedimento governativo è "di routine"? E’ un disegno di legge complesso, 20 pagine, 35 articoli, mica una circolare. Reca la rubrica “Nuova disciplina dell’editoria e delega al Governo per l’emanazione di un testo unico sul riordino della legislazione nel settore editoriale”: bastava leggere il titolo per capire che è qualcosa che incide sulla libertà di pensiero e di stampa.

E ancora peggio le spiegazioni di Levi, uno dei collaboratori pasticcioni di cui evidentemente ama circondarsi Prodi. Se vuoi creare le condizioni per un mercato libero, abolisci la registrazione, punto e basta. Se poi sei in un paese serio, abolisci pure l'Ordine dei Giornalisti, che è un unicum italiano, la Casta organizzata cui è riservato ope legis il monopolio del diritto di scrivere sui giornali e di esprimere (le sue) opinioni.

Probabilmente questo DDL naufragherà nel nulla, come dice Paolo de Andreis su Punto Informatico. Ma ha torto: c'è da preoccuparsi. Questo è l'ennesimo passo di un processo sotterraneo di compressione dei diritti di espressione (descritto qui da Marco Calamari) che non può che preoccupare i cittadini di uno stato democratico.

Insomma, sarebbe facile e tranquillizzante derubricare tutto a un mero incidente di percorso. La verità è che se in ambienti istituzionali si parla di Internet solo come luogo di diffamatori e pedopornografi, se scatta il riflesso condizionato dell tentativo di imporre registri e controlli, è perchè si ha paura della sua capacità di spezzare la camicia di forza dell'informazione istituzionale italiana, che ha i suoi punti di forza nel duopolio televisivo e nel giornalismo più servile di tutto l'Occidente (vedi il modo in cui non è stata data la notizia della condanna di Andreotti).

Invece di rendere più facile l'accesso alla libertà di parola, sale della democrazia, si inventano "cautele" che sono, in realtà BAVAGLI.
Respingiamo compatti l'interessato paternalismo di chi ci vuole proteggere da noi stessi e dalle nostre libertà. Facciamoli neri.




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