Il Grande Fardello

Eccellente, l’ultima norma approvata dal governo, che prevede il taglio dei Ministri e riduzione dei sottosegretari, cioè il ritorno alla legge organica di Bassanini. Peccato che entrerà in vigore solo nella prossima legislatura, e che questo sia proprio il governo dello spacchettamento, quello che ha diviso (rectius: spartito) in due e tre amministrazioni che erano state faticosamente unificate, che ha aumentato il numero dei posti di sottogoverno a livelli inimmaginabili persino all’epoca del pentapartito.
Pochi immaginano che cosa sia stato lo spacchettamento: creare un nuovo ministero dal niente è un’impresa. Bisogna fare tutto da capo, dai regolamenti di organizzazione alle caselle di posta elettronica (con alcuni colleghi dirigenti mi scrivo solo su hotmail, o yahoo, stanco di inseguirli nei vari cambi di dominio: chi se lo ricorda più se sono a “trasportinavigazione.it” o “infrastrutturetrasporti.it”, se al “welfare” oppure al “lavoro”?).
E dopo un anno si dice “signori abbiamo scherzato, torniamo a come eravamo prima”? Nessuno che tragga le conseguenze politiche di tutto questo?

Dico la verità, da un governo di sinistra mi sarei aspettato più attenzione per la pubblica amministrazione. Invece, dopo un decennio di riforme, in cui la fiducia del cittadino era lentamente cresciuta, la PA è tornata ad essere, nella percezione collettiva, il Grande Fardello, il peso morto dell’economia, lo strumento per dare uno stipendio a un mucchio di incapaci e scansafatiche che non saprebbero guadagnarsi il pane altrimenti.
Quanto sia gratificante lavorare per una organizzazione in piena crisi di identità e riconoscimento sociale, si può immaginare. Ricordo quando lavoravo per la Commissione Europea: c’erano piani, programmi, scadenze; un forte senso di identità e di legittimità; il senso chiaro ed alto della propria missione.
Niente di tutto questo nella PA italiana. Oggi il mio lavoro consiste essenzialmente nel mandare avanti la baracca, in attesa di uscire da un tunnel del quale, però, non si vede la fine. Mooooolto motivante…

Assumono in blocco tutti i precari, e pazienza se nella pubblica amministrazione – secondo la Costituzione – si entra solo per concorso. Scivolano le graduatorie, magari con qualche emendamento proposto da una manina generosa e clientelare. La PA è tornata ad essere la mammella generosa che distribuisce posti di lavoro sicuri e poco faticosi.
Per non parlare del geniale progetto di chiudere la Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione, prima che altre strutture potessero sostituirla. Arenato anche quello, ed intanto la Scuola, che sta gestendo un nuovo corso-concorso per dirigenti, si trova ad essere in smobilitazione, incerta sul proprio futuro, e con tutto il personale che ha chiesto la mobilità verso altre amministrazioni. Cinquant’anni di esperienza buttati al vento con un tratto di penna.
Stendiamo poi un velo pietoso sulle molte nomine fatte a persone la cui competenza risiede solo nella vicinanza politica a questo o quel ministro, senza alcuna trasparenza.

Stupirsi allora che Ichino e i suoi fans ci abbiano (per dirla alla Camilleri) “cummigliato di merda”? Però, come i napoletani insegnano, “il pesce puzza dalla testa”, e la crisi senza fine della Pubblica Amministrazione è prima di tutto crisi della sua leadership politica e, secondariamente, amministrativa.


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