Contro i giovani

“Ah, io sono per i ragazzi… I ragazzi sono il futuro.
A meno che non li fermiamo in tempo...”
Homer Simpson
Mentre il governo di Nonno Romano va a casa, e Nonno Silvio si riscalda per succedergli, torna utile andare in libreria ed acquistare “Contro i giovani”, di Tito Boeri e Vincenzo Galasso, impietosa radiografia di “come l’Italia sta tradendo le nuove generazioni”.

I campanelli d’allarme sul declino italiano sono molti, e suonano da lungo tempo, pressoché inascoltati. Ma finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di identificare le origini di tale declino nello spazio sempre più mortificante e marginale che il nostro paese - la struttura familiare, le professioni, la politica, l’università - assegnano ai giovani, e nell’incapacità di preparare un ordinato ricambio generazionale. Non tutte le ricette sono condivisibili (ho già giudicato negativamente l’idea di estendere il voto ai sedicenni), e forse un libro del genere sarebbe stato assai più esaustivo e panoramico se fosse stato scritto, oltre che da economisti, anche da psicologi ed antropologi (demografi no: Dio ce ne scampi!). Perché il problema centrale, il ruolo della famiglia nella società italiana, non ha nulla ha che fare con la razionalità economica. Alejandro Jodorowski ha detto che “la famiglia ha fatto più danni della bomba atomica”. La famiglia italiana è e rimane il modello del nostro agire corporativo, la prigione che ingabbia le energie dei giovani,
che saccheggia emozioni e risorse, piuttosto che il porto sicuro dove ritornare. Non il centro fondante degli affetti, ma cellula primigenia dei rapporti violenti, di sopraffazione e di forza che si dispiegano nella società, luogo ove si coltiva la paura per il diverso, la diffidenza per l’interesse generale, la mancanza di senso civico: basti pensare che si chiama “famiglia” l’organizzazione base della Mafia.

Chi deve farsi carico della soluzione? Secondo Boeri e Galasso, se “spetta ai giovani cogliere il problema ed imporlo al centro della discussione, sono gli attuali quarantenni e cinquantenni ad avere in mano il pallino. Devono oggi fare una precisa scelta di campo: contro o a favore dei giovani”. Io, quale rappresentante di questa generazione di mezzo, che ha ricevuto dalla generazione precedente un’eredità fatta di debiti ed egoismo, non ho assolutamente dubbi su quale parte prendere, ed accolgo quindi ben volentieri questo invito.

Sullo stesso tema, meriterebbe inoltre di essere letto l’angosciante romanzo “Diario della Guerra al Maiale” di Adolfo Bioy Casares. Casares sta a Borges come Braque a Picasso: una sorta di gemello artistico, meno conosciuto e popolare, ma non meno importante. In una Buenos Aires spettrale, Casares immagina che i giovani comincino a dare la caccia ai vecchi per ucciderli. Il conflitto generazionale è portato alle estreme conseguenze: si elimina il passato ed al tempo stesso si esorcizza il futuro. Come dice il protagonista: “i ragazzi ammazzano perché odiano il vecchio che loro stessi saranno”.
“La gioventù è in preda alla disperazione. In un prossimo futuro, se dura il regime democratico, l’uomo vecchio sarà il padrone. Pura matematica, intendiamoci. Maggioranza di voti. Cosa ci dicono le statistiche? Che la morte oggi non arriva più a cinquant’anni ma a ottanta; e che domani arriverà a cento. Benissimo. Con uno sforzo di immaginazione provate a pensare al numero di vecchi che si accumulano in questo modo e al peso della loro opinione nell’esercizio della cosa pubblica. Finirà la dittatura del proletariato, e cederà il passo alla dittatura dei vecchi.”

Era il 1968 e questo passo aveva l’aria di una profezia. Nell’Italia dell’anno di grazia 2008 si è avverata.





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