Dalli al tintore



È stata bella, divertente e colorata la nuova trovata di Graziano Cecchini, l’artista futurista che tempo fa colorò di rosso la Fontana di Trevi. L’approvo senza riserve. Questa volta Cecchini ha scaricato diecimila palline multicolori da Trinità dei Monti, che sono gioiosamente rotolate sulla scalinata per andare a fermarsi nella Barcaccia di Piazza di Spagna.

L’autore è stato subito arrestato e affronterà i rigori della legge. Il che appare davvero esagerato, in una città dove i treni della metropolitana, i muri del centro, i cassonetti, sono uniformemente coperti di graffiti. Sono i writers i veri vandali. Violenti, perché impongono le loro lugubri “creazioni” a tutti; perché ciò che fanno non può essere cancellato se non a caro prezzo; e perché i tag sono semplicemente incomprensibili e solipsistici: le vecchie scritte, politiche, calcistiche o amorose, da “Via gli amerikani dal Vietnam” a “Forza Roma” a “Micia ti amo” almeno avevano il pregio di contenere un messaggio.
Soprattutto, e secondo me è il crimine maggiore, i writers fanno roba vecchia, passata abbondantemente di moda là ove fu inventata: i graffiti sulla metropolitana di New York erano già scomparsi alla fine degli anni 80. Le trovate di Cecchini, almeno, hanno il pregio di essere cose nuove, originali, autoctone.

Mentre i writers passano da artisti, e vengono addirittura ricevuti dal Sindaco, questi invece tratta il tintore di Fontana di Trevi come il peggior criminale, e lo accusa di farsi pubblicità a spese della città. Eppure è bastata un’ora di pulizia per far tornare la piazza come prima: nessun ferito, nessun morto, nessun danno permanente. Gioia dei turisti, ed è stata la città ad avere tanta pubblicità gratuita sui media internazionali.

Ma l’effimero non era stato inventato proprio a Roma? Non era questa la città di Renato Nicolini e dell’Estate Romana? Viene allora il sospetto che, nella moderna Weltronia, l’effimero e la gioiosa provocazione abbiano cittadinanza solo se vengano da sinistra (Cecchini è, ahilui!, di destra) e solo se siano patrocinati dall’Amministrazione Comunale.
Insomma, a Roma è stata inventata e codificata la “provocazione istituzionale”.
E guai a chi non si adegua.

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