Percorso di guerra per la SSPA

Mentre l’ultimo Concorso per Magistratura ha dato esiti davvero paradossali (con candidati che scrivono “risQuotere” ed amenità varie), il concorso di ammissione al quarto Corso Concorso alla Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione si conferma uno dei più selettivi in tutta la PA. È una buona notizia: la severità della selezione è una precondizione per l’elevata professionalità della categoria. Oggi sono stati pubblicati i risultati delle prove scritte: solo 120 sono stati ammessi all’orale, su 155 posti disponibili. È probabile che ci sia un’ulteriore scrematura agli orali: quindi gli ammessi al Corso potrebbero essere molti meno dei posti messi a bando. Avvenne anche per il mio concorso: i posti in ingresso erano 215, dai quali, all'esito dei due anni di corso avrebbero dovuto uscire solo 165 dirigenti. Invece già agli orali furono ammessi meno di 200 candidati, e alla fine facemmo il corso solo in 148. Di questi, una decina non arrivò alla fine. Un vero percorso di guerra. Siano avvertiti, dunque, i candidati: non è questo il momento di tirare i remi in barca.

Chi non ce l'ha fatta potrebbe ritentare, facendo tesoro dei propri errori e con maggior maturità. Purtroppo questo autobus non ripasserà tanto presto. Il vero punto debole della Scuola rimane infatti la sua incapacità a programmare una “vendemmia annuale”, come la chiamò Ciampi: col risultato che poi le singole amministrazioni provvedono al reclutamento dei loro dirigenti con percorsi interni e facilitati. A fine mese ci sarà un concorso per dirigenti al Ministero della Giustizia, e tra i requisiti d’accesso è prescritta addirittura solo la laurea triennale. Il mio sindacato, l’Unadis, ha chiesto al Consiglio di Stato di pronunciarsi su questa contraddizione: che per la stessa posizione di dirigente siano previsti due percorsi, uno iperspecializzato e selettivo, l’altro, assai meno ‘demanding’, sotto il profilo dei titoli. Teniamo incrociate le dita.

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Nell'immagine il cavallo alato simbolo della SSPA (scherzosamente chiamato dagli allievi "Il Ronzino")


Commenti

  1. Alcuni mi hanno scritto privatamente ringraziandomi per i consigli che ho dato loro ed addirittura per l’ispirazione che hanno tratto dai miei scritti: il che, lo ripeto, mi preoccupa. Quando cominciano a prenderti ad esempio, è segno che sei diventato troppo saggio e dunque troppo vecchio…

    Mi piace qui riprodurre una lettera di un mancato collega, depurata da riferimenti personali:


    Dario,
    come gentilmente mi hai chiesto, sono qui a darti notizie.
    In breve, non ce l'ho fatta…

    E' stata una esperienza molto forte, completamente diversa da ciò che
    mi aspettavo quando ho presentato la domanda 2 anni fa…
    L'avevo fatto sostanzialmente per scherzare con un caro amico, e a
    quei tempi non avrei mai immaginato di arrivare ad un pelo dal vincere il concorso.

    Trovo sinceramente che questa strada per l'accesso alla dirigenza sia bella, pulita, che incoraggi una concorrenza sana e che anche nel concreto della procedura si sia tutto svolto in modo corretto…

    Se ammettiamo che la concorrenza è una buona cosa, dobbiamo imparare
    ad apprezzare i lati positivi anche nelle sconfitte: per quel che mi
    riguarda, tutto questo studio mi ha comunque arricchito in campi che
    non conoscevo (il diritto), che conoscevo poco (l'economia e il
    management) o che addirittura che avrei dovuto conoscere (la storia
    contemporanea ... ma alla maturità era l'anno di filosofia!).

    Ciao e continua il tuo buon lavoro,
    D."


    Peccato che la selezione tenga in conto più la preparazione accademica che la maturità e le motivazioni.
    A quelli che non ce l’hanno fatta vorrei dire che – anche se purtroppo l’autobus del concorso alla SSPA non ripasserà tanto presto - non è stato tempo buttato. Un’esperienza come questa serve sempre a chiarirsi le idee su sé stessi, le proprie capacità ed ambizioni, la strada da seguire nella vita.
    I concorsi pubblici vennero inventati in Cina: quelli che li fallivano avevano vergogna di tornare da Pechino al paese quindi si davano al vagabondaggio, diventando banditi e poeti.
    La grande poesia cinese classica è nata tutta da dipendenti pubblici mancati.

    Quindi, non riuscire al concorso forse è un modo per trovare la propria vera vocazione. Chissà!

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