Non Angli sed Angeli

La Conferenza di Lambeth, il sinodo dei vescovi anglicani che si tiene in questi giorni, potrebbe sancire uno scisma all’interno di questa confessione, forte di 77 milioni di fedeli, a causa della diversità di vedute tra i vescovi conservatori dell’Africa e quelli progressisti d’America, soprattutto in merito all’ordinazione episcopale di donne e di gay.

La chiesa Anglicana non è centralizzata come quella cattolica. Le sue origini sono eterogenee: principalmente un prodotto del colonialismo britannico, nel mondo WASP essa ha accompagnato i coloni e si è stabilita insieme a loro. In Africa essa è invece il frutto del fervore missionario del XIX secolo: Livingstone, il famoso esploratore, era prima di tutto un missionario.

I legami tra le diverse branche di questa confessione sono sempre stati piuttosto tenui, e si sono allentati con la fine del colonialismo. Non a caso, dunque, la Chiesa Episcopale Americana è quella più emancipata dalla casa madre inglese. L’unità della Confessione Anglicana è stata ottenuta a prezzo di una sempre maggiore elasticità sui temi dottrinali ed etici, cosa che non ha mancato di scontentare i fedeli che desiderano avere, nella loro fede, una guida.

Il papa, Benedetto XVI, ha dato un segnale chiaro di non volere approfittare dell’eventuale scisma, accogliendo eventuali transfughi, ed ha anzi inviato tre cardinali ai lavori della conferenza.
La mossa è certamente nobile e corretta. Ma è anche politicamente avveduta?

San Gregorio Magno, suo predecessore (colui che disse “non Angli sed Angeli”), iniziò proprio con la conversione della Britannia la grande ascesa del papato quale potenza universale, spirituale e temporale.
Papa Benedetto forse potrebbe trarre ispirazione dalla sua politica, ed avviare un ambizioso piano di riconquista cattolica delle isole britanniche. La conversione alla spicciolata di eminenti personalità di fede anglicana, ultimo Tony Blair, dimostra che esiste un “mercato” per la fede cattolica nel Regno Unito, un paese che fatica sempre di più a percepirsi come ‘protestante’. Del resto, la Chiesa d’Inghilterra è assai simile, per organizzazione e dottrina, a quella cattolica.

Certo, la maggioranza degli inglesi non pratica ormai alcuna religione, ma la riunione all’interno della Comunione Cattolica degli Anglicani d’Inghilterra avrebbe un profondo significato geopolitico. Fu proprio lo scisma di Enrico VIII a segnare lo sganciamento delle sorti dell’Isola da quelle del continente europeo, ed a gettare le basi della grande offensiva imperiale marittima che portò questo paese, in tre secoli, a dominare mezzo mondo.

Finito l’Impero, lo Scisma, che non aveva alcuna ragione dottrinaria, ha perso anche la sua ragione politica. Unire la Chiesa di Londra a quella di Roma significherebbe in qualche modo riportare nell’alveo della storia del continente la Gran Bretagna, ed al tempo stesso, approfondirne il divario con gli Stati Uniti. Un vero terremoto culturale e politico.

Ma forse, per un compito dl genere, sarebbe stato più adeguato un grande politico come Wojtyla, che un fine teologo come Ratzinger.


Commenti

  1. Il problema di Ratzinger è che non vuole caricarsi un pacco di vescovi con mogli e figli. Può prendere preti facilmente, ma vescovi no. Penso sia questo il problema...

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